Finalmente, dopo anni e anni di battaglie istituzionali e giudiziarie, "sembra" essersi risolto uno dei più grandi paradossi che ha afflitto l'universo legale italiano.
L'art. 28 del D.L. 76/2020 (misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale) infatti, al comma 1, lettera c) afferma: "in caso di mancata indicazione (dell'indirizzo PEC, n.d.s.) nell'elenco di cui all'articolo 16, comma 12 (indice PP.AA. presente sul P.C.T., n.d.s.), la notificazione alle pubbliche amministrazioni degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale è validamente effettuata, a tutti gli effetti, al domicilio digitale indicato nell'elenco previsto dall'articolo 6-ter del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (indice iPA, n.d.s.)"
Avevo, personalmente e con l'appoggio di diverse Associazioni di categoria, più volte nel corso degli anni e con particolare insistenza durante il periodo di emergenza legato al COVID-19, sollevato la questione: qui il mio intervento sul portale "Avvocati" e qui la mia intervista su "Giustizia Caffè".
Inoltre, nello scorso aprile una diffida era stata presentata da Libera Unione Forense, M.A.A.T. e Associazione Previdenzialisti Pattesi, con il patrocinio degli Avvocati Tommaso Caserta, Enrico Maria Iossa e Domenico Raffaele Addamo al fine di far provvedere l’INPS ad adempiere all'obbligo di cui all'art. 16, comma 12, del D.L.179/2012, come convertito nella Legge 221/2012, affinché comunicasse al registro di PEC (denominato registro PP.AA.) l’indirizzo di posta elettronica certificata cui far pervenire validamente gli atti giudiziari. Qualora l’INPS non avesse adempiuto spontaneamente all'obbligo entro 90 giorni dalla comunicazione inoltrata, sarebbe seguita un’azione giudiziaria innanzi al T.A.R. competente al fine di ottenere la condanna della citata P.A. ad inserire nel registro PP.AA. gli indirizzi PEC, ad oggi, si spera, non più necessaria.
Fotografia Jean Bashford / SIME © 2012
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